“Don’t forget about Afghanistan”: Stories of Afghan refugees in Europe

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Don’t forget about Afghanistan”: Stories of Afghan refugees in Europe

Nine months after the fall of Kabul in August 2021, the Afghan crisis is far from over, with 2 million registered refugees in neighboring countries of Iran, Pakistan, Tajikistan, Uzbekistan, Turkmenistan, and 3.4 million estimated internally displaced persons (IDPs). One in three Afghans is food insecure. Reports of discrimination against minority groups, as well as women and girls, continue. The security situation in the country, including in the capital Kabul, remains extremely difficult, with frequent bombings targeting mosques and schools, often along the lines of sectarian violence. In April, in only three days, at least 30 people were killed and dozens more injured in several bomb attacks in the capital.

Despite the international media coverage and the wave of support expressed by many governments across the globe in the aftermath of the Taliban take-over, the attention towards Afghanistan is now slowly yet consistently fading away, overshadowed by other crises, like the war in Ukraine. While acknowledging the need of addressing new crises as they emerge, it is also necessary to avoid turning a blind eye to “older” and long-lasting conflicts or humanitarian crises such as the Afghan one. The generous and heartwarming response all over Europe to the Ukraine crisis and its 5 million refugees has taught us how widespread solidarity can lead to generous protection.

To keep a spotlight on Afghans, the Mixed Migration Centre (MMC) has been following the paths of five Afghan asylum seekers who arrived in Italy after August 2021. The aim of this series is to better understand and share their individual stories, their experiences in accessing asylum or other forms of humanitarian protection, the perceptions, challenges, and opportunities in their socio-economic integration paths in countries of asylum, as well as their future aspirations and intentions. In particular, we want to continue following and sharing their stories over a longer period of time to avoid losing sight of their evolving challenges and experiences after arrival in Europe. The first round of interviews was conducted between October and November 2021. In this article, we present the second round of interviews, with four out of the five initial respondents. MMC will continue to follow their paths, with two more interviews planned for 2022.

But how can we describe the path towards integration of the Afghans interviewed so far? How can we define their attitude and feelings now that they are safe in Europe? To begin with, their stories show strong determination and resilience, and a mixed bag of conflicting emotions including happiness, hope, guilt, and incertitude. A sense of happiness and accomplishment is holding back sad thoughts for the many Afghans who could not make it out of the country and are still struggling for survival. Our respondents also feel a responsibility and commitment to succeed and live up to the luck they had, towards others who are left behind and did not have that luck. Finally, their sense of optimism for their own future in Europe stands in sharp contrast with a more pessimistic outlook for their own country. Despite all this, they proudly face their daily challenges in a country that they would have never imagined they would one day call home.

Participants represent different ethnicities, religions, genders and age groups. Personal information has been treated with strict confidentiality and the names and other personal information of the respondents were altered to protect their identity.

Here are their stories so far:

Abdul is Sunni and Tajik. He is 35 years old and comes from Mazar e Sharif. He’s married, has four children, and worked for the government in Kabul. He flew to Italy alone on 24 August 2021. MMC was not able to get in touch with Abdul for this round of interviews but will continue to try and contact him.

 

 


Non dimenticatevi dell’Afghanistan”: storie di rifugiati afghani dopo l’arrivo in Europa

Sono passati ormai nove mesi dalla caduta di Kabul dello scorso Agosto 2021, e la crisi afghana sembra lontana dal potersi considerare conclusa. Nei confinanti Iran, Pakistan, Tajikistan, Uzbekistan e Turkmenistan sono stati infatti registrati 2 milioni di rifugiati, mentre il numero di sfollati interni si stima sia attorno ai 3.4 milioni di persone. Un afghano su tre è vittima di insicurezza alimentare, e continuano le testimonianze di atti di persecuzione contro le minoranze  e contro donne e ragazze. La situazione di sicurezza nel paese è pessima, compreso nella capitale Kabul. Moschee e scuole sono obbiettivo di frequenti bombardamenti spesso facenti parte di una strategia che persegue la violenza settaria. Ad aprile, nell’arco di soli tre giorni, numerosi bombardamenti sulla capitale hanno provocato la morte di almeno 30 persone e il ferimento di alcune dozzine.

Nonostante la copertura dei media internazionali e il supporto espresso da numerosi governi di tutto il mondo all’indomani del colpo di stato dei Talebani, l’attenzione nei confronti della situazione in Afghanistan si sta affievolendo in maniera costante, oscurata considerevolmente da altre crisi come il conflitto in Ucraina. Benché sia giusto e necessario reagire e rispondere alle nuove situazioni emergenziali man mano che si vengono a creare, al tempo stesso non bisogna dimenticare i conflitti o le crisi umanitarie pre-esistenti, come quella afghana. La generosa e commovente risposta dell’Europa alla crisi ucraina e ai suoi 5 milioni di rifugiati, ci ha infatti insegnato come attraverso una risposta basata sulla solidarietà, anche obbiettivi molto ambiziosi diventano possibili.

Al fine di mantenere viva l’attenzione sulle sofferenze della popolazione afghana in fuga dalla violenza e dalla crisi economica, e sulle sorti del paese, a partire da novembre 2021 MMC ha iniziato a seguire i percorsi di cinque richiedenti asilo afghani, evacuati in Italia lo scorso agosto 2021. L’obbiettivo è quello di comprendere, e condividere, le loro storie, le loro esperienze nell’accesso alle procedure d’asilo o ad altre forme di protezione; la loro percezione, le difficoltà e le opportunità nel processo di integrazione nel contesto socio-economico italiano.

In questo articolo presentiamo il secondo round di interviste con quattro degli iniziali 5 intervistati, che si concentra sugli sviluppi degli ultimi mesi, sui successi e le sfide che si sono trovati ad affrontare da quando sono arrivati in Europa. MMC continuerà a seguire i loro percorsi con altri due round di interviste pianificati per il 2022.

Ma come possiamo descrivere il percorso di integrazione degli afghani finora intervistati? Qual’è stato il loro approccio e il loro stato d’animo ora che sono al sicuro in Europa? Per prima cosa, le loro storie mostrano una forte determinazione e resilienza, assieme ad una serie di sentimenti contrastanti come felicità, speranza, senso di colpa e incertezza. Un senso di felicità e realizzazione, rispetto ai successi del loro processo di integrazione, sembra trattenere quei pensieri tristi rivolti ai molti afghani che non sono riusciti a fuggire e faticano a sopravvivere nel paese. A tale riguardo, i nostri intervistati avvertono un senso di responsabilità nei confronti di coloro che sono stati lasciati indietro e cercano per questo di impegnarsi e sfruttare al meglio le opportunità che la loro evacuazione verso l’Italia ha offerto. Da ultimo, il generale ottimismo rispetto al loro futuro in Europa si pone in netto contrasto con la visione molto pessimistica per il futuro del loro paese.

Ciò detto, tutti loro affrontano dignitosamente le numerose sfide che comporta il processo di integrazione in Italia, un paese che non avrebbero mai immaginato poter un giorno considerare casa.

I partecipanti rappresentano diverse etnie, religioni, genere e gruppi d’età. Le informazioni personali sono state trattate in maniera strettamente confidenziale e i nomi, così come le altre informazioni sensibili, sono stati alterati per proteggere l’identità degli intervistati.

Queste sono le loro storie finora raccolte:

Abdul ha 35 anni, è di etnia tagiki e di religione musulmano sunnita. Abdul è sposato e ha 4 figli ma è arrivato in Italia senza la sua famiglia il 24 agosto 2021. Prima di essere evacuato lavorava nella provincia di Mazar e Sharif per il governo di Kabul. MMC non è riuscito a parlare con lui per questo secondo round di interviste, ma proseguirà nel tentativo di contattarlo.